Autunno 1999.

Quello che non si è pubblicato sull'AIDS.

Un rapporto dell'organismo dell'AIDS delle Nazioni Unite (ONUSIDA) avverte dell'aumento dell'AIDS nei paesi del Terzo Mondo. Il rapporto critica il fatto che i (presuntamente) utili «cocktail di farmaci» non vi vengono applicati a causa del loro costo, con gran danno per le persone colpite.

Un padre negli Stati Uniti ha iniettato a suo figlio il «virus dell'AIDS» perche questi morisse ed egli potesse smettere di pagare alla madre gli alimenti stabiliti dal tribunale. Il figlio -di cui non si spiega che cure stia ricevendo- «ha sviluppato la malattia» ed è «in fase terminale». Il giudice ha condannato all'ergastolo il padre ammonendolo che il suo castigo non sarà sufficiente finche «marcisca nell'inferno».

Questo è il tipo di notizie che appaiono nei mezzi di comunciazione quando si parla dell'AIDS. La gran maggioranza della popolazione ignora gli argomenti e le tesi fuori da quelle sostenute dalla linea ufficiale, e riceve soltanto l'informazione che da appoggio al terrore del presunto virus HIV.

Ma quello che la gran maggioranza della popolazione non sa è che c'è una corrente di oltre 800 scienziati (fra i quali due premi Nobel e tre membri della Accademia Americana delle Scienze (AAAS)) che mettono in dubbio i tre aspetti fondamentali: la validità dei test applicati; la bontà delle cure ricevute; e, addirittura, l'esistenza stessa del «retrovirus» HIV.

I test.

I principali «test dell'AIDS» utilizzati in il stato spagnolo sono due: l'ELISA e il Western Blot. L'ELISA viene considerato il meno affidabile ed è usato come «test di rilevamento». Per contro, il Western Blot viene considerato completamente affidabile ed è usato come «test di conferma». Quando una persona viene trovata positiva a due test ELISA, le applicano un test Western Blot. Se risulta positiva anche al Western Blot, allora viene definitivamente diagnosticata «infetta dal HIV». Molte persone trovate positive con l'ELISA sono risultate negative con il Western Blot, per cui viene considerato che gli ELISA danno molti falsi positivi.

È pertanto importante sapere che in Inghilterra ed in Galles il test Western Blot è proibito dal 1992, perche il Centro di Riferimento di Londra lo considerò poco affidabile, e si utilizza soltanto l'ELISA. Sarebbe quindi logico supporre che in proporzione ci siano molti più sieropositivi in Inghilterra, per esempio, che in il stato spagnolo. Ma questo non è vero: si pensa che ci siano circa 30.000 sieropositivi inglesi contro i 150.000 sieropositivi spagnoli (sebbene non si sappia la cifra esatta). La causa di questo è che si può variare la soglia dei «test del HIV» al di sopra della quale si viene considerati positivi, e al di sotto negativi. Pertanto il numero di persone trovate «sieropositive» dipenderà da dove si metta questa soglia.

Per illustrare questo fatto basti ricordare che quando il Dr. Robert Gallo offrì nel 1984 il suo primo test del HIV all'industria del sangue per controllare le trasfusioni, si vide che il 30% dei donanti risultò positivo, per cui questo fu respinto inmediatamente dato che una percentuale così alta avrebbe rovinato questa redditizia attività. Allora il Dr. Gallo decise di spostare verso l'alto la soglia di reazione del test fino a dare una percentuale di «positivi» sufficientemente piccola, un 3%, perche questo fosse accettabile per gli imprenditori. A quanto pare, più avanti si fece ancora salire questo limite fino ad avere dei risultati attorno allo 0,3%.

La rivista americana Zenger's, della California, in settembre 1996 pubblicò una lista di 64 articoli apparsi in diverse riviste scientifiche, dove si avvertiva che i cosiddetti «test del HIV» reagiscono con risultato positivo in più di 70 malattie (come l'emofilia, l'epatite, la tubercolosi, l'influenza, la malaria) o situazioni (come le gravidanze multiple, il sesso anale ricettivo, il ricevere trasfusioni di sangue o trappianti di organi, l'essere vaccinati contro l'epatite, l'influenza, il tetano,...) che non hanno nulla a che vedere con il HIV. È quello che viene chiamato «reazioni incrociate».

È illustrativo il caso di un bimbo nato nella provincia di Malaga. Nell'ospedale dove vide la luce gli fu fatta (illegalmente) la «prova del HIV» con risultato positivo. Nonostante ciò furono fatti i test ai genitori e tutti e due diedero risultato negativo. Per fortuna, un amico che conosceva il tema, comunicò loro che il criteri d'interpretazione cambiano da un paese all'altro. I genitori decisero di fare la prova al figlio nell'ospedale inglese di Gibilterra con risultato negativo. Quando tornarono all'ospedale dove erano stati fatti i primi test, i genitori furono informati che il test fatto in Gibilterra non era valido perche non era stato fatto nel territorio spagnolo. Per fortuna il bimbo cresce sano ed è ormai fuori pericolo.

Teoricamente i «test di HIV» scoprono degli anticorpi che reagiscono davanti a certe proteine «dell'involucro del HIV». Quello che il pubblico ignora è il modo come sono state stabilite le presunte «proteine del HIV», ma dalla XII Conferenza Mondiale sull'AIDS, tenuta a Ginevra dal 28 giugno al 3 luglio 1998 sappiamo esattamente come ciò avviene. Il Dr. Gallo riconobbe involontariamente in questo congresso che aveva aggiunto l'idrocortisone alle sue colture, secondo lui per stimolare la crescita cellulare. Questo era già stato denunciato a suo tempo da un suo collaboratore, il Dr. Popovic. Per comprendere questo fatto bisogna sapere che l'idrocortisone in realtà non stimola ma riduce la crescita cellulare e provoca la comparsa di certe proteine da stress, che sono le stesse che si trovano nelle persone stressate. Questo spiega perchè la maggioranza delle persone che danno risultati positivi ai «test del HIV» si trovano in stati di stress cronici di diversi tipi: tossico (droghe, metadone, «poppers», farmaci di sintesi chimica, proteine strane che accompagnano il Fattore VIII amministrato agli emofilici), psicoemozionale, infettivo (infezioni ripetute con malattie di trasmissione sessuale), nutrizionale (abitudini di vita cattive, cattiva alimentazione, Terzo Mondo), ecc.

Attualmente in Occidente si applica un parametro relativamente nuovo chiamato «di carica virale». Si ritiene ufficialmente che il marcatore indiretto «carica virale» indica il numero di «virus HIV» per millilitro di sangue. Ma la quantità data per la «carica virale» viene ottenuta per mezzo della tecnica PCR inventata dal Dr. Kary Mullis, per la quale ricevette il Premio Nobel della Chimica nel 1993. Ebbene, il Dr. Mullis stesso spiega che la tecnica PCR non serve per misurare nessuna carica virale, e si è rammaricato pubblicamente di averla inventata, considerando il cattivo uso che ne è stato fatto nel caso dell'AIDS.

Per documentare questo cattivo uso due membri dell'organizzazione HEAL di Los Angeles misurarono la loro «carica virale». Il risultato fu che Rodney Knoll, ufficialmente sieronegativo, aveva una «carica virale» molto maggiore che Christine Maggiore, ufficialmente sieropositiva.

Inoltre bisogna ricordare che in una riunione della OMS, che ebbe luogo a Bangi (Africa Centrale) nel 1985, si stabilì che nei paesi del Terzo Mondo non era necessario, a causa della mancanza di mezzi, risultare positivo in alcun test per essere considerati «un caso AIDS», e quindi «infettati dal HIV». È soltanto necessario presentare due su tre indizi maggiori, ed uno su sette indizi minori, d'altronde comuni nel continente africano, per essere diagnosticati «malati d'AIDS». Questo suppone una ridefinizione come «casi AIDS» di malati con sintomi di malattie abituali in Africa, e spiega la tanto strombazzata «terribile epidemia di AIDS» nel continente.

Le cure.

Nell'XI Conferenza Mondiale sull'AIDS, tenuta a Vancouver in luglio 1996, fu deciso ufficialmente di somministrare subito ed a grandi dosi la terapia combinata di diversi farmaci, i cosiddetti «cocktail». In genere sono composti da tre farmaci: due della famiglia dei nucleosidi analoghi (AZT-Retrovir, ddl-Videx, ddC-Hivid, 3TC-Epivir, D4T-Zerit...) ed uno della famiglia dei cosiddetti «inibitori della proteasa» (Indinavir-Crixivan, Saquinavir-Invirase, Ritonavir-Norvir...). L'affare delle cure dell'AIDS passava cos dall'antico monopolio della Glazxo-Wellcome, con AZT-Retrovir, al posteriore commercio condiviso, secondo un accordo raggiunto da dodici laboratori un mese prima di questa Conferenza.

Una delle molte contraddizioni dei nucleosidi analoghi applicati nella cura dell'AIDS è appunto che sono immunodepressori. Questo è riconosciuto negli opuscoli stessi che accompagnano i farmaci, tanto del fabbricante Sigma dell'AZT, che informa che «gli organi bersaglio sono il sangue e il midollo osseo», come quello dell'AZT-Retrovir della Glaxo-Wellcome, che riconosce che il farmaco produce anemia e molte altre gravi carenze. Questa è una conseguenza del fatto che i nucleosidi analoghi hanno lo scopo di impedire la divisione cellulare. Infatti, l'AZT fu inventato nel 1964 contro il cancro, ma non fu mai applicato alle persone perche gli esperimenti con animali dimostrarono che era troppo tossico, e allora fu messo da parte. Soltanto un gran numero di manovre interessate fece che nel 1987 fosse proclamato, con il nome commerciale di Retrovir, come la «prima cura ufficiale contro l'AIDS» e si cominciasse a somministrare a centinaia di migliaia di persone.

Infatti, quando una cellula deve dividersi, i due filamenti dell'ADN dei suoi cromosomi si aprono e si formano due filamenti complementari, mano a mano che si aggiungono dei nucleosidi naturali dell'intorno interiore della cellula. Si avranno quindi quattro filamenti di ADN che, uniti due a due, trasmetteranno la stessa informazione genetica alle due cellule figlie che si avranno dalla divisione. Ma i nucleosidi analoghi chimici, come l'AZT-Retrovir, si conficcano nella formazione dei filamenti complementari e impediscono che questi continuino a formarsi, per cui evitano la divisione. Come conseguenza la cellula madre muore. Questa è una delle spiegazioni del perchè quelli che vengono definiti come «malati di AIDS» che prendono i nucleosidi analoghi muoiono, scheletrici, a mezzo termine.

Gli inibitori delle protease artificiali alla fine impediscono il funzionamento cellulare e organico, per cui sono anche loro tossici. Per digerire gli alimenti e riciclare le proteine del miliardo di cellule che muoiono ogni giorno negli umani, in ogni cellula esiste un equilibrio delicato e molto complesso fra le protease, che dividono le proteine, gli inibitori delle protease naturali, che disattivano in modo provvisorio l'azione delle protease, e gli attivatori delle protease, che le mettono di nuovo in moto. Gli inibitori delle protease artificiali sono come delle saldature che impediscono definitivamente il funzionamento delle protease, e sono disegnati in modo tale da non poter essere eliminati (per questo i medici di ospedale raccomandano ai loro pazienti di bere molta acqua: per cercare di eliminare gli inibitori aritificiali per mezzo dell'urina, e cercare di ritardare l'aumento della loro concentrazione nel corpo). Gli effetti del loro consumo continuo, con il relativo aumento di concentrazione di inibitori chimici delle protease nel corpo del paziente, si traducono in problemi digestivi, calcoli renali, sangue nell'urina, fatica, nausee, diarrea, vomiti, dolori articolari, diabete, accumulo di grasso, flaccidità dei muscoli, ecc.

Il Dr. Anthony Fauci dichiarò nel New York Times del 22.08.1997, che i casi in cui i cocktail avevano prodotto dei recuperi spettacolari, dopo una dozzina di mesi cadevano in picchiata perchè, secondo lui, «il HIV si trasforma, diventa resistente, risorge con raddoppiata energia e finisce con l'uccidere la persona colpita». Ma per gli specialisti ufficiali è molto comodo far responsabili della morte dei loro pazienti tutte le capacità possibili attribuite a un «virus HIV», la cui esistenza stessa è messa in dubbio.

Il presunto HIV.

Secondo il biologo, virologo e genetista tedesco Dr. Stefan Lanka, non sono state compiute le condizioni scientifiche necessarie per dimostrare che è stato isolato il «virus HIV». Questo mette in dubbio la sua stessa esistenza.

Il Dr. Lanka è uno dei pochi virologhi del mondo che è riuscito a isolare un nuovo virus. È il Ectocarpus Siliculosus Virus (EsV), il primo trovato in un'alga marina eucariota.

Per isolare un virus bisogna presentare quattro foto: del virus che infetta le cellule, del virus solo, delle proteine del suo involucro, e del suo acido nucleico. Dopo bisogna stabilire quali aminoacidi compongono le sue proteine, e quali lettere genetiche il suo acido nucleico, in che ordine sono disposti, cioè bisogna poterli sequenziare. Bisogna anche effettuare gli esperimenti di controllo, cioè bisogna lavorare in parallelo con lo stesso tipo di cellule, ma senza infettare. Ciò significa che bisogna fare esattamente le stesse operazioni con gli stessi prodotti, nelle stesse concentrazioni, durante lo stesso tempo, alla stessa temperatura, cioè esattamente nelle stesse condizioni tecniche. Il risultato dev'essere che non si trovi nulla che coincida con le foto del virus. Finalmente, a misura che la ricerca prosegue, si devono pubblicare le conclusioni in riviste scientifiche adatte, allo scopo che quanto si è fatto possa essere riprodotto in altri laboratori e si possano raggiungere gli stessi risultati.

Per denunciare che non si è compiuta nessuna di queste fasi nel caso del HIV, la rivista dei sopravvissuti dell'AIDS Continuum di Londra, offre, a partire da dicembre 1995 un premio di 1000 Sterline a chi produca le prove della sua esistenza. Altre associazioni a livello internazionale si sono unite a questa iniziativa ed, attualmente, il premio offerto supera già i cinquanta milioni di lire. Finora nessuno è riuscito a vincere questi premi.

Il ruolo dei mezzi di comunicazione.

Le notizie che si ricevono sull'AIDS dai mezzi di comunicazione più importanti non riflettono la molteplicità di approcci che esistono nella comunità scientifica, dato che non raccolgono i dati e le analisi che mettono in discussione la versione ufficiale. Questa circostanza mette in primo piano il ruolo dei mezzi di comunciazione alternativi per liberare il settore più critico della popolazione dalla confusione e dalle manipolazioni  potenziate da interessi commerciali ed altri.

Brauli Tamarit
(Articolo pubblicato nel numero 2 della rivista «Salud y Vida», dell'Associazione di Vincitori dell'AIDS. Riassunto pubblicato in catalano nella rivista «Illacrua». Testi basati su informazione raccolta dalla pagina web de «FreeNews»: http://free-news.org/)
Associazioni critiche:
Asociación de Medicinas Complementarias (AMC).
Asociación de Vencedores del SIDA (AVS).
Continuum Magazine.
Plural 21.

free-news.org